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Marzo 2002. Claudio Cricelli: I migliori anni della nostra vita

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Venti anni fa, era d’estate, fu fondata la Società Italiana di medicina generale, altrimenti detta “ SIMG”.
Non cercherò in questa sede di riepilogarne la storia, l’evoluzione, i successi raggiunti o mancati. Tutto ciò appartiene alla dimensione dei bilanci, che è utile tracciare, ma in altri momenti. Mi pare invece utile sottolineare come i venti anni trascorsi hanno visto trasformazioni radicali della professione della MG, tali da imporre oggi la riflessione su come affrontare quello che a mio parere si configura come un vero e proprio nuovo ciclo, della professione da una parte e della SIMG di conseguenza. Il nuovo ciclo si configura come formalmente assai ricco di opportunità.

  • Abbiamo apparentemente raggiunto l’obiettivo del riconoscimento della formazione, dell’accreditamento professionale, della formazione a distanza.
  • La tecnologia, l’informatica, le telecomunicazioni e la telemedicina sembrano ormai fortemente penetrate ed affermate nel contesto della Medicina Generale.
  • La Ricerca in MG sembra ormai un dato acquisito e quella farmaceutica ha anche un riconoscimento formale e normativo.
  • L’evoluzione manageriale della MG sembra testimoniata dallo sviluppo della medicina di gruppo, dell’associazionismo, della medicina in rete. Ma il sistema sanitario sembra parlare bene e razzolare male.
  • La sensibilità scientifica dei MG sembra testimoniata dalla nascita di una miriade di società scientifiche. Persino i sindacati medici le hanno promosse a testimonianza di un’interessante evoluzione che va osservata attentamente.
  • Non siamo ancora all’insegnamento universitario della Medicina Generale, ma ci sono grandi evoluzioni nel rapporto con l’Università. In molti Atenei la frequenza e l’insegnamento agli studenti del V e VI anno sono stati accettati ed in alcuni casi attuati o in via di attuazione.
  • Il Governo italiano non l’ha ancora recepito, ma il Tirocinio in MG è stato portato ad un minimo di tre anni.
  • Il quadro normativo sembra recepire, almeno sulla carta, le istanze più avanzate della professione anche Europea. La Convenzione appare strutturalmente definire una MG di ampie vedute e di prospettive interessanti ed avanzate. Iniziamo a valutare sul campo luci e ombre della situazione della MG, dall’associazionismo al Distretto.
  • Vengono annunciate gigantesche iniziative che prevedono l’uso esteso della telematica, del satellite, del networking.
  • Ci affligge ormai e torna fastidiosa ad affliggerci l’ennesima puntata della telenovela sui farmaci, le note, le riclassificazioni, i prezzi di riferimento ed altre simili circostanze. Occorrono strumenti per orientare la professione in questo ennesimo rimescolamento di carte. Lo faremo in un simposio che pubblicheremo presto.
Se questi sono gli elementi prioritari dello scenario, occorre analizzare alcuni indicatori in grado di confermare se tutti questi dati siano ancora una volta mere enunciazioni di principio, maquillage a copertura di esigenze risapute ma mai soddisfatte, finzioni sceniche o dati di fatto forieri di successo.
Una valutazione del genere ci serve a comprendere le luci e le ombre del panorama e ad orientare l’attività societaria dell’immediato futuro. Tuttavia rispetto a questi apparenti successi ed evidenti opportunità occorre sottolineare alcune ambiguità, contraddizioni, timori. Non potendo in questa sede ragionare su tutto mi occuperò solo di formazione e farmaci. La formazione in Medicina Generale non ha mai conosciuto un periodo di maggiore interesse rispetto agli anni passati. Ribadisco un concetto: la SIMG ha letteralmente inventato nell’ordine: la formazione permanente o continua, gli animatori di formazione, le scuole della medicina generale, la formazione complementare e la formazione dei tutor in medicina generale. Ha promosso infaticabilmente la formazione universitaria e l’insegnamento della MG nell’università, nonché l’idea di dipartimento in Medicina Generale Universitario.
Tutto ciò detto occorre aggiungere fino allo sfinimento che nelle altre discipline della Medicina Italiana, le Associazioni scientifiche hanno portato al livello dell’eccellenza metodi e pratica della formazione continua in Medicina. La comunità scientifica di questo Paese non ha avuto il piacere di essere coinvolta nell’elaborazione di un progetto organico di formazione permanente per i medici italiani. A titolo personale tutti ci hanno messo la bocca: sindacati, ministri, amici, scienziati, singoli medici e consulenti, gli Ordini dei Medici, oltre ovviamente alla Commissione nazionale preposta alla CME. Il risultato è che viene proposto un sistema striminzito, largamente inadeguato ai bisogni delle professioni sanitarie, splendido nella missione e debolissimo nella visione.
Ha prevalso, a mio parere, una sconcertante aspettativa di “business” che ha scatenato appetiti e voglie di controllare il sistema, in una miope ottica di appropriazione di spazi. Per cui si è prodotta una proposta stitica, che non tiene conto dell’esperienza consolidata, che include solo gli amici, marginalizza le società scientifiche e non rispetta le regole della competenza professionale, della qualità dell’offerta di mercato e soprattutto i bisogni dei medici, del SSN e dei cittadini. Rispetto a questa posizione ribadiamo il concetto che senza la comunità scientifica di questo Paese non si può realizzare un processo e un progetto di CME credibile ed accettabile. Chi pensa di ricorrere a succedanei della Comunità Scientifica per avallare operazioni sulle CME , ripete stancamente errori già commessi da altri. L’esperienza, la storia, le realizzazioni consolidate e ispirate alla qualità, sono la forza della comunità delle Società scientifiche in tutto il mondo. Da cento e più anni esse esistono e sono destinate a sopravvivere gagliardamente. Uguale ragionamento va ribadito per tutti gli aspetti della formazione, compresa quella universitaria. Con leggendaria cautela, l’Università italiana si avvicina al traguardo di includere la Medicina Generale tra le discipline oggetto di insegnamento. Dove e come questo avverrà è oscuro anche a me che pure me ne occupo da tempo. Modena ha siglato un’esperienza pilota, Perugia un’altra. Con circospezione si racconta di grandi progetti nel Lazio , tenuti stranamenti riservati. Varese e Milano tentano timide esperienze, e attendiamo tra breve evoluzioni clamorose che però seguono percorsi ellittici e a volte apparentemente indecifrabili. Noi invece, tediati dal persistente bizantinismo e attaccamento alla suspence del nostro Paese, ribadiamo apertamente alcuni concetti fondamentali. La medicina generale va insegnata sia negli aspetti di completamento della metodologia clinica, che di esercizio clinico, sia come supporto alla propedeutica biologica e clinica.
Chi non ricorda le ragioni a sostegno di questa tesi può leggere la sterminata pubblicistica in materia, compiere un viaggio conoscitivo, oppure limitarsi ad esercitare il buon senso comune.
Tale insegnamento deve avvenire preferibilmente attraverso la forma del Dipartimento delle cure primarie. Esistono alternative di minor valore ma percorribili in tempi brevi. Vanno create rapidamente le cattedre e promossi i concorsi. L’insegnamento va affidato a Medici Generali esperti e di qualità, dimenticando le clientele e gli interessi privati. Prima si apre un tavolo su questa materia, prima si persegue il bene comune. Di tutti i restanti argomenti la SIMG si occuperà nella Rivista che fra due mesi uscirà rinnovata e in grado di raggiungere gran parte dei MG di questo Paese. Discuteremo privilegiando il dibattito della professione in tutte le numerose iniziative che promuoveremo in occasione del ventennale Societario. Nel 2002 non celebreremo i fasti del passato che appartengono agli annali, ma le prospettive del futuro. Una Società adulta, aperta al confronto e che, grazie anche al nuovo statuto approvato di recente, si prefigge la difesa e la tutela in ogni sede degli interessi professionali della Medicina Generale e dei Medici Generali italiani.
In questo percorso la SIMG chiama a raccolta i suoi soci e tutti i colleghi del nostro Paese, perché si associno contribuendo ad un progetto nuovo, radicalmente proiettato verso il futuro, in cui ci farà da stimolo la collaborazione, la competizione ed il confronto con tutti coloro i quali perseguono obiettivi concorrenti. Abbiamo solo una meta: il successo della buona pratica della medicina generale a vantaggio di chi riconosce ed apprezza il nostro lavoro, ovvero i cittadini di questo Paese. Su questo unico obiettivo lanciamo quest’anno la nostra sfida. Dimostriamo che la qualità si può praticare, valutare, verificare. Dimostriamo che aver creato una Società di soli Soci accreditati non è un atto di snobismo o di esclusione ma un atto di orgoglio e insieme di umiltà professionale. Che costa sacrificio lavoro e tempo.
Intendiamo dimostrare che il senso del nuovo statuto è comprensibile e che le nostre regole sono applicabili. Tali regole dicono che si aderisce ad una Società Scientifica seria liberamente e non per obbligatoria traslazione da altra associazione. Che aderendo si accetta una sola regola trina composta da eccellenza professionale, competenza clinica, conoscenza. Tutto ciò deve essere trasferito in maniera visibile nella pratica clinica quotidiana e reso misurabile tramite gli indicatori di performance. Il resto, cari amici e lettori è, come si diceva un tempo, mancia.

P.S. A chi vuol approfondire il tema del federalismo suggerisco di leggere un libro appena uscito in libreria, a cura di Nerina Dirindin ed Eva Pagano. Il titolo è: Governare il Federalismo - Le sfide per la Sanità e spiega molte cose sui futuri scenari del Regionalismo e del Federalismo. Costa 26 €, Pensiero Scientifico Editore.

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