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Un Servizio Sanitario Nazionale con carta di credito – ultime riflessioni di un anno trascorso. Claudio Cricelli

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L’ultimo giorno dell’anno è sempre un momento di valutazioni e consuntivi.

Non abbiamo fatto volutamente alcuna riflessione sui quarant’anni del nostro servizio sanitario nazionale. Pur consapevoli del suo straordinario valore (tra l’altro nel 1978 noi c’eravamo davvero …) ci è parso a volte imbarazzante il modo enfatico e un po’ retorico con cui esso quarantennale è stato celebrato ecommemorato. Quasi un "de profundis" mascherato da auto da fè.

In realtà nel 1978, visto che c’eravamo, avevamo la borsa piena di ricettari perché ciascun medico, e quindi ciascun cittadino Italiano, era riscritto ad una mutua che aveva le sue regole, le sue gratuità, la sua organizzazione e ovviamente un suo ricettario ed una sua tariffa di pagamento.

Quando nei primi mesi del 1979 la nuova organizzazione comincio a prendere forma, sia i medici che i cittadini erano disorientati. Eravamo tutti abituati alle profonde differenze di trattamento e di prestazioni che esistevano nel nostro paese anche se poi in definitiva l’accesso all’ospedale era aperto a tutti e molte orestazioni erano di fatto gratuite.

Quello che accadde  in realtà quarant’anni fa fu il risultato di una profonda evoluzione del pensiero sociale e della cultura del concetto di cittadinanza.

Ogni riflessione sul Servizio Sanitario Nazionale deve a mio parere partire da questo concetto: il concetto di cittadinanza comprende il diritto di far parte di una comunità alla pari con tutti gli altri membri di questa medesima comunità, eleggendo lo Stato a garanzia del governo di questa uguaglianza. E' un concetto alla base della più avanzata positiva, democratica, umana visione del modo in cui cittadini di un paese possono organizzare la propria vita.

Non si tratta quindi soltanto di rendere universale l’assistenza e gratuite le prestazioni mediche bensì in realtà di affermare il principio che gli uomini siano tutti uguali e che punto di partenza di questa uguaglianza stia nella circostanza in cui primariamente si manifesta in forma di simbolico magistero il concetto di “carità “ sociale: la salute delle persone.

Non si può considerare una vera acquisizione del nostro paese la nascita e l’evoluzione del Servizio Sanitario Nazionale se non si recupera il concetto di cittadinanza come concetto di diritti fondamentali naturali garantiti dallo Stato. Proprio il concetto di cittadinanza garantito attraverso l’erogazione della  salute come bene sociale fece evolvere la nostra riflessione su quale figura di medico nuovo fosse necessaria in un sistema evoluto come quello che si andava prefigurando.

Il concetto di medico unico della persona, di una professione non frammentata tra 1000 incarichi, la formazione continua del medico erano in realtà  la garanzia che il cittadino avesse sempre come interlocutore un medico competente, dedicato esclusivamente ad un incarico specifico e possibilmente un incarico unico ed esclusivo col servizio sanitario nazionale.

Furono questi i fondamenti che portarono in quegli anni attraverso una complessa riflessione che passava anche per una trasformazione radicale del pensiero medico, in quel tempo sostanzialmente  e fortemente conservatore, e che portò all’idea di formare una società scientifica della medicina generale.

Voglio affermare con questa riflessione che il Servizio Sanitario Nazionale è e sarà sempre a rischio tutte le volte che si affievolisce la cultura sociale, caritatevole, solidale e altruistica che lo Stato deve sviluppare all’interno della sua propria struttura proponendola come principio fondamentale ai cittadini del proprio paese.

Voglio anche dire che al di là  delle troppe commemorazioni talvolta melense e buoniste che il nostro SSN è una cartina di tornasole del progresso o del  declino della cultura del rispetto della persona umana; il SSN è in pericolo perchè si affievolisce la solidarietà , il rispetto dell’altro , la dolcezza dei sentimenti personali e sociali.

Il Ssn declina tutte le volte che si affievolisce e sbiadisce la  percezione della uguaglianza delle persone non solo di fronte alla salute ma di fronte al tessuto sociale stesso del paese. Di pari passo si affievolisce il finanziamento e aumenta la violenza contro gli operatori sanitari -  visti non come strumenti e portatori e simboli  di valori positivi da rispettare ma parte di un sistema che è in realtà estraneo al nostro vissuto sociale ed alla percezione che noi abbiamo di noi stessi come membri di una comunità.

Rafforzare il Servizio Sanitario Nazionale significa dunque considerare l’organizzazione sanitaria,  la libertà di accesso dei cittadini alla tutela, difesa e cura della propria salute, non già come parte dell’erogazione di prestazioni tecniche bensì come un diritto profondo dell’essere uomini e cittadini di questo paese.

 

Noi medici possiamo fare molto perché il SSN viva e prosperi a lungo, dobbiamo in particolare fare in modo, senza le solite lagnanze retoriche, che di questi principi - unico elemento di salvaguardia di un sistema di salute pubblica - siamo tutti consapevoli e protagonisti attivi. Non basta evocare il mito del sistema di sanità pubblica e non basta creare movimenti o slogan sul salvataggio del nostro sistema sanitario.

Esso è debole tutte le volte che diventa debole il pensiero sociale e la visione positiva dello Stato come garante della “carità“ e  non tanto della salute ma piuttosto della eguaglianza e della tutela di tutti cittadini considerate come persone.
Se si affievolisce questa visione dello Stato, ci sarà solo l’alternativa di un servizio sanitario nazionale con carta di credito e gestito dal rancoroso ricorso al contenzioso legale.

 

Claudio Cricelli

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