Lo specialista di cure palliative
L.Trentin
Servizio di Terapia del Dolore e Cure Palliative P.O. Vicenza - ASL 6 Veneto

Le Cure Palliative mirano al controllo della sofferenza fisica, ma anche psicologica, sociale e spirituale del malato e della sua famiglia.
Le Cure Palliative sono offerte nel rispetto delle convinzioni e dei desideri del malato, secondo il principio del consenso informato.

Le Cure Palliative sono condotte con:
• programmi di cura coerenti con il tipo e le dimensioni dei problemi del malato e della famiglia;
• continuità delle cure;
• attenzione all’intensità delle cure, tali da non produrre accanimento;
• flessibilità e rapidità organizzativa;
• il contributo professionale di tutti coloro che sono in grado di ottenere una migliore qualità di vita del malato e della sua famiglia, secondo un approccio multidisciplinare;

ed hanno l’obiettivo del:
1. contenimento, risoluzione del dolore;
2. contenimento, risoluzione del disagio provocato da altri sintomi;
3. tutela dei membri del nucleo familiare lungo il decorso della malattia e al decesso, tutela sociale del malato e dei suoi familiari;
4. garanzia del sostegno a chi assiste (caregivers)
5. riduzione del numero e durata dei ricoveri impropri in reparti per acuti.

Attualmente nella maggior parte della realtà italiana il servizio fornito ai malati in fase terminale è disorganico, a carico di strutture inadeguate, con personale culturalmente impreparato ad affrontare la situazione (quotidianità ed emergenza), con elevati costi ed incerti benefici.
Alcune iniziative locali frutto della disponibilità di singoli professionisti in collaborazione con organizzazioni di Volontariato, sono esempi di sviluppo razionale ed organico di forme di assistenza qualificata.
Secondo tali esperienze nella grande maggioranza di questi malati un progetto razionale dovrebbe prevedere l’interazione tra medico di Medicina Generale e l’Ospedale, al fine di realizzare "dimissioni protette" con modelli assistenziali domiciliari integrati a ricoveri in sedi appropriate; tale soluzione, però, presenta difficoltà spesso insormontabili di comunicazione, organizzazione del lavoro, assenza di sistemi di supporto e di modalità definite e comuni circa gli accessi preferenziali in ospedale.
La rete assistenziale territoriale costituita dai medici di Medicina Generale e dal personale distrettuale, potrebbe essere in grado di fornire, se opportunamente sensibilizzata e formata, una esauriente risposta al 70-80% dei malati terminali suscettibili di Cure Palliative al proprio domicilio.
Nel programma assistenziale ottimale, invece, ciò di cui il sistema si dimostra attualmente carente sono le figure di riferimento professionale all’interno strutture di II livello (Ospedale) per forme di consulenza sul territorio e, nel rimanente 20-30% dei casi considerati, per la gestione di letti di ricovero temporaneo o definitivo che rispettino i principi delle Cure Palliative.
Il personale medico che si dedichi a tempo pieno in ambito dipartimentale a tale attività deve possedere una formazione ed un’esperienza specifica ("specialità") che integra, nell’ambito dell’evoluzione culturale specialistica ospedaliera, differenti background professionali.
La progressione continua della neoplasia rende difficile delineare con rigida precisione lo stadio di terminalità, oggetto di Cure Palliative, rispetto alle precedenti fasi di malattia (secondo alcuni AA. pazienti con prognosi di 40 – 60 giorni).
Ciò comporta la necessità di prevedere una collaborazione, integrata in ambito dipartimentale, tra specialisti di diversa estrazione, perché possa realizzarsi, con continuità e competenza, una assistenza al malato con tempestiva e corretta risposta ai suoi bisogni durante tutte le fasi di evoluzione.

Didatticamente possiamo identificare temporalmente tre momenti funzionali del processo di cura, in cui il trattamento, frutto dell’interrelazione tra medico e malato, ha obiettivi diversi:
1. il momento causale, con indirizzo decisamente antineoplastico (chirurgia, chemioterapia e radioterapia);
2. il momento di transizione, in cui dopo la decisione di sospendere il programma di cura antineoplastica, è ancora oggettivamente proponibile, seppur a scopo antalgico o palliativo, un trattamento diretto della malattia con mezzi causali, nel rispetto della qualità di vita del malato stesso;
3. il momento sintomatico, in cui le prestazioni socio-sanitarie sono indirizzate al soddisfacimento delle necessità psico-fisiche dell’individuo.

La figura dello specialista in Cure Palliative è in grado di dare una risposta alle situazioni riferite al secondo e terzo punto in una accezione ampia di Medicina Palliativa, con ciò evitando sia comportamenti aberranti, quali l’accanimento o l’abbandono, sia lo svuotamento dei contenuti che caratterizzano la disciplina attraverso le richieste di intervento nelle ultime ore di vita del malato.
Nonostante l’area di provenienza da sola non sia sufficiente a qualificare un medico palliativista, ma vada ricercata la professionalità che possa dare una risposta ai bisogni del malato, storicamente in Italia gli Anestesisti (per naturale evoluzione della Terapia del Dolore) e gli Oncologi (per la prevalenza delle cure palliative nei confronti dei malati neoplastici) rappresentano le aree professionali specialistiche che hanno più frequentemente realizzato programmi di Cure Palliative.

Gli obiettivi primari di queste "figure specialistiche" e delle strutture di ricovero temporaneo (Ospedale) o definitivo (Hospice) in cui svolgono le loro attività sono:
1. consulenza per i malati ricoverati nei reparti ospedalieri;
2. consulenza per i Medici Generali nei casi di particolare impegno e complessità di ammalati assistibili a domicilio;
3. controllo e monitoraggio del dolore ed altri sintomi con tecniche specifiche;
4. accesso preferenziale dei malati terminali per ricoveri brevi indirizzati a trattamenti non eseguibili a domicilio, per predisporre un adeguato Piano di Cura (titolazione di farmaci, diagnostica strumentale complessa, dispositivi impiantabili, tecniche neurolesive, alimentazione), l’effettuazione di interventi di sostegno (confezionamento di gastrostomia perendoscopica, digiunostomia, colonstomia, nefrostomia, protesi digestive) e fornire un sollievo temporaneo dal carico assistenziale alla famiglia se inserita in un piano di assistenza domiciliare;
5. relazione con i diversi servizi ospedalieri per il passaggio del paziente dalla fase di trattamento a quella palliativa;
6. integrazione e completamento, con il ricovero in Hospice, dell’attività della rete domiciliare di assistenza laddove sia assente o indisponibile il nucleo familiare del malato terminale, o sia inadeguato o assente il domicilio dello stesso.

Il contenuto culturale multifattoriale ed interdisciplinare dello "specialista" in Cure Palliative è specifico, anche se non si focalizza su un organo (cardiologia, nefrologia), su una categoria nosologica (diabetologia, reumatologia) o su un tipo di popolazione (pediatria e geriatria), ma su una particolare categoria di bisogni, quella dei malati terminali e delle loro famiglie, cui dare una risposta composita medica ed umanistica.
Le Cure Palliative, infatti, non si identificano con settori tecnico-scientifici o culturali dai confini definiti, ma riconoscono al loro interno un pluralismo formativo culturale ampio e composito che si ispira, oltre che a fondamentali conoscenze mediche, a fonti psicologiche, etiche, antropologiche, sociologiche.
Tale aspetto dell’approccio palliativo viene erroneamente attribuito dai detrattori alla presenza di una particolare sensibilità verso i bisogni specifici del malato, come patrimonio forse più dell’esperienza e del carattere del medico che di una peculiarità culturale specialistica.

L’ampiezza stessa dei contenuti non è in contrasto con la specificità richiesta ad uno specialista:
1. corpo di conoscenza ben definibile;
2. programma di educazione o formazione ben definito;
3. presenza di conoscenze e procedure tecniche riconducibili ad una specificità di competenza;
4. riconoscimento della propria area di competenza.

Da più parti si afferma che le Cure Palliative, oltre che un insieme di conoscenze interdisciplinari, sono anche un modello di assistenza proponibile a tutta la medicina generale e specialistica (cura del malato inguaribile, sua centralità nel processo di cura, comportamenti diagnostici e terapeutici non aggressivi ed oltranzisti, fondamentalità della comunicazione).
Un bagaglio di questo tipo può certamente rientrare nell’esperienza quotidiana di qualsiasi medico nel qual caso l’attenzione va indirizzata sulla opportunità di una educazione generale nelle Cure Palliative, con l’introduzione dell’insegnamento dei principi fondamentali delle Cure Palliative nel corso di laurea in Medicina e Chirurgia ed una formazione specifica post-laurea sia per gli specialisti sia per i Medici Generali.
Tal considerazione sottolinea l’opportunità di una educazione generale nelle Cure Palliative onde arricchire l’esperienza quotidiana di qualsiasi medico.

Tutto ciò non costituisce limitazione di competenze ed espropri di funzione tra la Medicina Generale e quella specialistica, l’interazione delle quali, tra ambulatorio ed ospedale, hospice ed assistenza domiciliare, continuerà ad essere corretta, auspicabile ed indispensabile.