Rivista SIMG (www.simg.it)
Settembre 1998

In margine alle note della CUF
A.Pagni

Le note della CUF, approvate dalla Commissione in aprile, e pubblicate in Gazzetta Ufficiale il 13 Ottobre u.s., rappresentano uno strumento importante e significativo per la professione del Medico e per la assistenza terapeutica ai cittadini di un paese moderno.
Esse infatti si propongono il difficile obiettivo di coniugare l’equità con l’efficacia, in un SSN efficiente, con una ragionevole e ragionata approssimazione.
La maggior parte dei paesi industrializzati, hanno stilato liste positive e/o negative di farmaci concedibili o non dal SSN, e l’Italia non ha fatto eccezione.

Chi in passato, come chi scrive, ha partecipato ai lavori della Commissione Unica del Farmaco sa, per diretta esperienza, quanto sia difficile conciliare il tetto di spesa per i farmaci, fissato per legge, con le limitate evidenze di efficacia scientifica dimostrata, e insieme soddisfare i bisogni dei malati, spesso influenzati da campagne promozionali consumistiche o da qualche medico distratto o poco attento alla letteratura internazionale.
Queste note sono di gran lunga migliori delle precedenti, anche se si muovono nel solco delle linee del passato.
Le Commissioni precedenti da un lato operarono in condizioni più facili, perché dovevano "disboscare" un prontuario ricco di farmaci inutili quanto costosi, e dall’altro più difficili perché chiamati, per la prima volta, a individuare criteri selettivi plausibili per una classificazione, voluta dal Parlamento, ispirata da motivazioni economico-finanziarie.
Le note proposte mi parvero allora soddisfacenti e razionali al 90%, ma certamente vi fu qualche manicheismo di troppo che rese il restante 10% rigido e scarsamente utilizzabile per un Medico "servitore di due padroni": il paziente e il welfare state.

Nuove acquisizioni, frutto di ricerche recenti, hanno modificato la formulazione di alcune note, insieme alla esperienza dei mesi passati, e ne hanno reso più praticabile il dettato.
Anche l’impegno e il disagio dei Medici di famiglia che, almeno nei primi mesi, consentirono da soli l’applicazione delle note, ha rafforzato il ruolo e l’autorevolezza dell’unico rappresentante della Medicina Generale in seno alla Commissione, nella correzione di alcune scelte.
I risultati sono chiaramente visibili anche se alcune questioni di fondo rimangono irrisolte, e la prima è che il solo Medico Generale si gioca su quelle note il rapporto fiduciario con il paziente.
Una meritoria documentazione, accompagna e illustra ogni nota favorendo l’orientamento dei Medici verso scelte professionali corrette.
Ma purtroppo quelle note non sono culturalmente orientative ma obbligatorie per legge, e quindi sanzionabili amministrativamente per coloro che non si attengono al loro dettato.
Ciò apre il capitolo del confronto indispensabile tra chi esercita la professione ogni giorno e i clinici e i farmacisti che decidono pur non conoscendo la realtà della assistenza.

La seconda osservazione riguarda le quindici note che prevedono l’affidamento della diagnosi e del piano terapeutico (posologia e durata) a Centri Universitari e Ospedalieri autorizzati, per farmaci di costo elevato e patologie complesse che necessitano di tecnologie sofisticate e di elevate competenze specialistiche.
Questo criterio perpetua un equivoco di fondo (duro a morire) che confonde una diagnosi, possibile soltanto in Centri Specialistici, con una "consulenza" degli stessi Centri per la terapia.
Ne deriva una "trascrizione" poco meno che passiva da parte del curante, con conseguente deresponsabilizzazione di quest’ultimo sia nel monitoraggio della evoluzione della malattia che dell’andamento nel tempo della terapia. Senza contare che il paziente molto spesso vive lontano da Centri Universitari e Ospedalieri specializzati per quelle patologie.

La terza osservazione riguarda le note relative all’uso di antibiotici iniettivi (55 - 55 bis - 56), che ci sono parse poco realistiche quando non anche formulate in maniera contraddittoria e poco chiara.
La filosofia che le ha ispirate è evidente: alcuni Medici prescrivono antibiotici potenti per patologie infettive di scarso rilievo, che magari guarirebbero anche da sole, o con antibiotici di minore importanza.
Ciò provoca un ingiustificato aumento della spesa e magari un aumento della resistenza batterica nei confronti degli antibiotici. Tutto vero, ma ci pare che il rimedio per l’allegro comportamento di alcuni sia peggiore dei danni che arreca alla assistenza domiciliare di coloro che intendono curare bene i loro pazienti.
La terapia antibiotica, almeno all’esordio della malattia infettiva, è sempre "empirica" e si giova più di una adeguata formazione che distingua farmaci di prima, seconda, e terza scelta, che di note proibitive e perentorie.

In conclusione queste note nel loro complesso, all’interno di una logica di inevitabile risparmio, sono ben strutturate e scientificamente documentate, e non possono essere contestate sulla base di "opinioni" personali.
Rimane il fatto che il Medico Generale possiede una cultura terapeutica sufficiente per "collaborare" con gli specialisti, e non intende più essere considerato un professionista da "colonizzare", con la scusa che ciò serva a ridurre la spesa.

Anche perché non è vero!