Un commiato e un augurio
A Pagni

Sono trascorsi 17 anni da quando con Danilo Poggiolini, Antonio Panti e Mario Boni progettammo la costituzione della Società Italiana di Medicina Generale.
L’idea nacque a Sanremo, in una radiosa mattina di primavera, intorno alla piscina dell’albergo nel quale eravamo ospiti in occasione di un Congresso dei Patologi Clinici.
La FIMMG, argomentammo, è un sindacato forte ma, per la sua stessa natura rivendicativa di interessi economici, non è idonea a rappresentare la Medicina Generale nei congressi, nelle commissioni di studio, e nella Comunità Scientifica e Accademica.
Per questo dovevamo istituire una Società Scientifica della Medicina Generale.
Nessuno di noi aveva idea di come avrebbe dovuto essere una Società per il Medico Generale privo, allora, di tradizione, di identità e subalterno alla ricerca e alla cultura della medicina specialistica.
Antonio Panti, il più convinto assertore della iniziativa, per vincere qualche resistenza rinunciò spontaneamente a comparire tra i fondatri.
Gli equilibri geopolitici del sindacato non dovevano essere turbati…! Gli eventi che seguirono dimostrarono che probabilmente ognuno di noi aveva un’idea non coincidente con quella degli altri.
Qualcuno pensò ad un fiore all’occhiello virtuale, altri che ci si dovesse "liberare" dai cultori di astratte speculazioni, altri ancora che vi fosse necessità di una vera società scientifica e professionale.
Del resto in quell’epoca si stipulavano contratti che, dando per scontata la qualità professionale dei destinatari, erano ispirati al solo principio che si dovesse lavorare meno e guadagnare di più.
Le prime difficoltà cominciarono poco dopo il 19 Luglio del 1982 quando diciannove Medici Generali della FIMMG costituirono ufficialmente la SIMG presso un notaio fiorentino.
Il sottoscritto, che ebbe l’incarico di guidare la Società, si pose un obbiettivo: dare identità riconoscibile ad una professione e ricercare i fondamenti didattici e di ricerca originali della nostra disciplina, attraverso una Società snella e poco gerarchica.
Qualcuno espresse dubbi sulla bontà della iniziativa, ma altri si affrettarono a rassicurarlo che la SIMG sarebbe stata solo un "braccio" culturale subalterno al "cervello" sindacale.
Tesi, dubbi e incertezze sicuramente meritevoli di approfondimenti e confronti collegiali che non vi furono agli esordi e che sono mancati negli anni successivi.
Era inevitabile che una vera Società, tesa al raggiungimento di un obbiettivo strategico come quello indicato, dovesse percorrere una strada autonoma e indipendente da un Sindacato tatticamente deputato alla stipula di contratti sempre più vantaggiosi (ove possibile) per i medici di famiglia senza distinzioni di merito.
Devo constatare che in questi anni non ci siamo riusciti: equilibri instabili hanno caratterizzato la convivenza tra Società e Sindacato ai quali erano, e sono, iscritti gli stessi medici e gli stessi dirigenti. Né ha giovato a ricomporre l’io diviso artificialmente dei medici, né a migliorare una diffusa consapevolezza, la tesi disinvolta e riduttiva di un inesistente conflitto personale tra leader.
Troppe volte si è favoleggiato di una SIMG alternativa al Sindacato, o si sono irrisi i cosidetti "professorini" e si sono alimentati, anziché attenuarli, i contrasti o le gelosie insorte localmente, rinunciando a governare le dinamiche generazionali che emergevano nella categoria.
E intanto non ci siamo accorti che altri gruppi e associazioni avevano raccolto il messaggio della SIMG e ne scimmiottavano le iniziative in assoluta anarchia e vera contrapposizione.
La SIMG al suo esordio volse lo sguardo all’Europa e soprattutto fece tesoro della esperienza dei G.P. inglesi che avevano un vantaggio di 30 anni nei nostri confronti.
Il Royal College dei G.P. infatti era stato fondato nel 1952. È da ascrivere alla fantasia creativa, alle capacità relazionali, all’impegno internazionale di Claudio Cricelli, gran parte del merito se la Medicina Generale italiana si è rapidamente "sprovincializzata".
Ma devo essere grato ai membri dei consigli di Presidenza di questi anni per l’aiuto e la collaborazione preziosa che mi hanno offerto, e al folto gruppo di colleghi che a vario titolo, e in momenti diversi hanno consentito, con profusione di impegno e di sacrificio, che la Società crescesse e con essa il prestigio della Medicina Generale italiana.
Il XV Congresso della SIMG, svoltosi a Roma recentemente sul tema "L’arte dimenticata di guarire" ha dato la misura della grande maturità raggiunta dai suoi iscritti e della ricchezza di contributi scientifici e professionali di cui sono capaci oggi i nostri medici.
E non posso negare di aver provato un commosso compiacimento di fronte alla constatazione di come quell’idea, un po’ incerta e confusa, di 17 anni orsono, fosse divenuta oggi una concreta, meravigliosa e insopprimibile realtà.
Il merito dei risultati raggiunti non è , come si è soliti far credere, dei Presidenti in carica ma dell’impegno dei tanti colleghi ai quali purtroppo, si riconoscono meriti inferiori a quelli che realmente hanno e hanno avuto.
È sull’onda di questa constatazione che ho creduto fosse giunto il momento di lasciare ai colleghi più giovani la responsabilità, ma anche la soddisfazione, di guidare la SIMG verso traguardi sempre più ambiziosi.
Questa lunga fase costituente della identità scientifica e professionale della SIMG è giunta infatti a compimento ma il contesto sociale e professionale nel quale nacque, ed ha operato fin qui, è in una fase di profonda trasformazione.
La memoria storica del passato ha valore di testimonianza solo per coloro che hanno vissuto direttamente quella esperienza, per i più giovani rappresenta poco più di una curiosità da archiviare, in vista di nuove esperienze e di nuove strategie.
Un ricambio generazionale mi è parso quindi indispensabile (anche se non richiesto, a dire il vero) per evitare la sclerosi autoreferenziale e l’imbalsamazione del vertice, anche se non sempre la ragione prevale sulla emozione, come dovrebbe.
A tutti i soci, ai vecchi e nuovi dirigenti, nazionali e locali, devo un grazie di cuore per la stima che mi hanno accordato in ogni occasione, ma soprattutto per l’amicizia affettuosa che mi hanno regalato in questi anni; ma sono sinceramente grato anche a coloro che mi hanno rivolto critiche e rilievi, consentendomi di sbagliare meno di quanto avrei potuto senza le loro osservazioni e le loro polemiche.
Al neo Presidente, Claudio Cricelli, ai membri dell’esecutivo e del Consiglio Nazionale di Presidenza, e a tutti gli iscritti rivolgo un sincero augurio di buon lavoro e il successo che meritano.